Auspicati dei sub-regolamenti: Pilotti (Confindustria Moda) allerta sul Regolamento Ecodesign: «Il 2030 è domani» – fashionmagazine.it

Auspicati dei sub-regolamenti: Pilotti (Confindustria Moda) allerta sul Regolamento Ecodesign: «Il 2030 è domani» – fashionmagazine.it

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Mentre è in corso Milano Unica e si avvicinano gli appuntamenti fieristici di Mido, Micam, Mipel, TheOneMilano e Lineapelle, Annarita Pilotti, presidente di Confindustria Moda, mette in allerta su un tema caldo, quello dell’ecodesign. Infatti sembra ormai in dirittura d’arrivo l’approvazione di un Regolamento europeo che mette dei paletti alla progettazione del futuro, anche nella moda. Dovrà essere ecocompatibile, quindi rispondere a requisiti di durabilità, riparabilità, riutilizzabilità del prodotto e facile gestione nel fine vita. L’ecodesign tocca anche aspetti come l’efficienza energetica e delle risorse, la presenza di materiali riciclati e di sostanze potenzialmente nocive, l’impronta di carbonio e il passaporto digitale del prodotto.

«Dopo il voto del Parlamento europeo dello scorso luglio – spiega Pilotti – la norma deve essere votata nuovamente dai parlamentari e poi approvata dal Consiglio. Ma lo scorso dicembre ha superato il Trilogue, cioè la fase di dialogo tra Commissione, Consiglio e Parlamento, che hanno trovato un accordo su un testo sicuramente provvisorio, ma che stabilisce una data: nel 2030 i prodotti dovranno essere più sostenibili in termini di ecodesign».

Ma il 2030 è domani, come sottolinea Pilotti, e per quella data le imprese della filiera del Made in Italy dovranno modificare in maniera rilevante il loro processo produttivo, dalla idezione delle collezioni al fine vita.

«Confindustria Moda – aggiunge la presidente nominata in gennaio, con l’uscita dall’associazione di Smi-Sistema Moda Italia – sta monitorando attivamente quanto succede in Europa: il Regolamento europeo sull’ecodesign dovrà essere applicato dai 27 Stati membri dell’Ue così com’è, senza declinazioni nazionali previste per le Direttive. Per come impostato, il Regolamento Ecodesign favorisce le produzioni di lusso, come quelle del Made in Italy, e impone l’abbandono del modello del fast fashion, con produzioni incontrollate che hanno un impatto ambientale importante sia in fase di produzione che in fase di smaltimento».

La normativa include anche il divieto di distruggere abbigliamento e accessori invenduti: un gesto significativo, come afferma Pilotti, che imporrà una differente analisi del modo in cui vengono prodotte alcune collezioni. «Tuttavia – prosegue – bisogna tenere conto dei tempi e della possibilità di reazione di imprese piccole, come sono quelle italiane. In tal senso stiamo lavorando attivamente, per generare nelle aziende di Confindustria Moda la consapevolezza su queste tematiche e far sì che le specificità di alcuni prodotti siano comprese, unitamente al loro valore».

Molte aziende hanno già recepito la logica del Passaporto Digitale (prima che lo imponga la legge) e il fatto che identificare la filiera produttiva è uno strumento di marketing e di trasparenza. «Gli aspetti legati alla circolarità e alla gestione di tutto il ciclo di vita sono invece più complessi da gestire – osserva Pilotti -. Confindustria Moda sta lavorando sui temi specifici. Tra i prodotti che verranno regolamentati per primi ci sono i tessili e le calzature: è relativamente facile parlare di gruppi di prodotti che condividono caratteristiche comuni, più difficile metterle a fuoco. I prodotti del mondo moda sono molto diversi tra loro e non possono avere i medesimi standard». Per esempio, sul concetto di durabilità incidono fattori come le modalità d’uso e la tipologia del manufatto, al di là dei test per verificare la resistenza all’abrasione e alla trazione.

La sfida, nel parare della neopresidente, è quella di introdurre delle sub-regolamentazioni per singoli settori, in modo che la norma venga applicata in modo specifico.

Confindustria Moda sta anche colloquiando con l’Europa su temi come la direttiva sui “Green Claims”, che stabilisce l’impegno a contrastare le false dichiarazioni ambientali, garantendo che gli acquirenti ricevano indicazioni affidabili, comparabili e verificabili per consentire loro di prendere decisioni più sostenibili e ridurre il rischio di greenwashing, grazie a etichette e informazioni commerciali che non riportino slogan green bensì dati scientificamente provati sull’impatto del prodotto. Già approvata dal Parlamento europeo, la direttiva attende l’ok del Consiglio europeo e la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. Gli Stati membri avranno quindi due anni di tempo per recepirla nel diritto nazionale.

Altro focus è la direttiva sulla Responsabilizzazione dei Consumatori, approvata il 17 gennaio dal Parlamento europeo e anch’essa in attesa di passare dal Consiglio ed essere pubblicata in Gazzetta (probabilmente nel giro di pochi mesi). Tale direttiva impone alle aziende di fornire le prove per validare le proprie dichiarazioni, ma non richiede che le stessa vengano verificate prima della loro pubblicazione (come previsto invece dalla direttiva “Green Claims”). Secondo Confindustria Moda si tratta di un passo avanti per contrastare fantasiose dichiarazioni, ma che non è sufficiente.

Sul tavolo di lavoro con le associazioni della Federazione c’è anche il Regolamento sulla deforestazione (Eudr), che colpisce in particolare la filiera della pelle (in Italia si tratta di 10mila aziende con 120mila addetti). Il Regolamento, che entrerà in vigore dal prossimo anno, rischia di avere ripercussioni sull’intera filiera, perché va a colpire l‘approvvigionamento della materia prima.

e.f.

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March 3, 2024 at 02:39PM

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