Dal mare del Nord ai deserti dell’Andalusia: un SOS per la Corrente del Golfo – Corriere della Sera

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Dal mare del Nord ai deserti dell'Andalusia: un SOS per la Corrente del Golfo

 Dal mare del Nord ai deserti dell’Andalusia: un SOS per la Corrente del Golfo

Sono su un gommone con gli occhi fissi su una balena che i due metri d’onda delle Azzorre fanno sparire appena mi distraggo. Quando scendo a terra mi ritrovo nei deserti dell’Andalusia – quelli naturali, sì, ma anche quelli creati dall’agricoltura intensiva che la sta spremendo fino all’osso. Mi giro e mi ritrovo tra gli scheletri colossali delle piattaforme petrolifere in dismissione del Mare del Nord, mi rigiro e sono alle Orcadi, in mezzo a una comunità di scozzesi e di ragazzi di tutto il mondo che sta lanciando la nuova generazione di energie rinnovabili. Quando penso di essere arrivato sono invece circondato dalla quiete dei ghiacci dell’Artico, dagli sguardi imperscrutabili degli ultimi indigeni d’Europa. È la storia del mio viaggio lungo la scomparsa della corrente del Golfo, iniziato ormai qualche anno fa per raccontare quello che è considerato il punto di non ritorno climatico dell’Europa. Un’eventualità che si credeva remota fino a qualche anno fa, ma che grazie a una serie di studi recenti appare invece tremendamente più vicina e probabile, se non verrà fatto nulla per contrastarla. La corrente del Golfo sta scomparendo. O m glio, il sistema di correnti atlantiche di cui fa parte, il cosiddetto Amoc (Atlantic meridional overturning circulation), è al suo punto più debole degli ultimi 1.600 anni, in parte a causa del suo ciclo naturale.

Lo scioglimento dei ghiacciai fa collassare il sistema di flussi che regola il clima in Europa. Dalla Spagna alle Isole Orcadi varie comunità già lavorano sulle strategie di adattamento. Ecco il racconto di chi ha dedicato un nuovo volume al tema

Il problema è la folle accelerazione imposta dal cambiamento climatico generato dall’uomo: le correnti trasportano acqua calda e fredda attraverso il pianeta grazie a un delicato bilanciamento di salinità e temperatura, che le centinaia di miliardi di tonnellate di ghiaccio che si sciolgono ogni anno (soprattutto in Groenlandia e nel Mar Glaciale Artico) stanno invece stravolgendo, perché immettono una quantità di acqua dolce nel sistema che ne cambia gli equilibri in maniera imprevedibile. Tra tutti gli impatti del cambiamento climatico, questo è forse uno dei meno investigati e l’opinione diffusa fino a qualche anno fa era che l’orizzonte temporale di questo cambiamento fosse nell’ordine dei secoli. Studi recenti hanno radicalmente cambiamento questa prospettiva: tra i vari, nel luglio 2023 l’università di Copenaghen pubblicava un paper sostenendo che, al livello attuale di emissioni, il collasso potrebbe accadere tra il 2025 e il 2095, con una media al 2050. Domani, praticamente.

Scenari mutati

Il dibattito scientifico è ancora acceso sul tema, ma se questo veramente accadesse rappresenterebbe la fine dell’Europa per come la conosciamo – e non solo. Il Regno Unito si avvicinerebbe al clima del Canada ma straordinariamente più arido, le precipitazioni su tutto il continente crollerebbero drammaticamente, Italia inclusa. Il collasso dell’Amoc e la scomparsa della corrente cambierebbero però anche le piogge amazzoniche e trasformerebbero l’agricoltura in Africa e in India, così come il livello del mare in Nord America. Sono trasformazioni che in parte già vediamo: le immagini dell’Esa, l’Agenzia Spaziale Europea, mostrano un accumulo di acque più calde proprio vicino alle coste statunitensi, perché la corrente del Golfo non riesce più a trasportarle verso l’Europa. Questo rende tornado e tifoni più devastanti perché raccolgono l’energia maggiore di acque più calde, e la rilasciano con effetti devastanti chilometri più avanti. Quello che però più spaventa è l’incertezza, perché se del clima sappiamo poco, degli oceani sappiamo ancora meno. Non è detto che tutto questo debba accadere per forza, perché siamo ancora in tempo per fermarlo. Come per gli altri punti di non ritorno climatici (la scomparsa dell’Amazzonia e lo scioglimento del permafrost, ad esempio) una rapida e decisa riduzione delle emissioni potrebbe permetterci di non oltrepassarli. Se poi, come molti ricercatori sostengono, il collasso dell’Amoc fosse graduale o parziale (e non un brusco passaggio da “on” a “off ” come nel film The Day After Tomorrow), lavorare sull’adattamento alle nuove condizioni climatiche ci potrebbe permettere di conviverci. Un adattamento che, avendo altri effetti del cambiamento climatico in casa, è in realtà necessario già adesso.

Trasformazioni umane

Questi sono i motivi per cui ho deciso di intraprendere un viaggio dalle Azzorre, nel mezzo dell’Atlantico, fino alle Svalbard, in pieno Artico, lungo il segmento europeo della corrente del Golfo e dell’Amoc. Volevo capire se l’Europa è pronta ad affrontare questa trasformazione potenzialmente devastante, cosa sta facendo per prevenirla, in che modo si sta adattando al clima che è già cambiato. Non volevo vedere però solo il lato scientifico della questione, ma anche e soprattutto quello umano: il cambiamento climatico non sta trasformando solo gli ecosistemi del nostro continente, ma anche le nostre economie, le nostre società. Si interfaccia con altri grandi mutamenti del nostro tempo – l’ascesa dell’estrema destra, la Brexit, le migrazioni. Così, ho viaggiato con gli ex balenieri portoghesi che cercano di capire se la corrente è cambiata tramite le migrazioni delle balene che ora proteggono. Ho attraversato le prime guerre per l’acqua tra agricoltori legali e illegali in Spagna, e cercato di capire l’impatto della fine del petrolio del Mare del Nord sulle comunità scozzesi che ha emancipato. Ho visto vecchi agricoltori usare nuove tecnologie nelle isole sperdute che si tingono dei colori dell’aurora boreale. Ho passato la lunga notte artica con i giovani Sami, gli indigeni della Penisola Scandinava, che proteggono i pascoli millenari delle loro renne e la memoria dei loro antenati da nuove miniere e ferrovie nell’Artico che si scioglie. Ho viaggiato lungo la corrente che scompare, per conoscere l’Europa che resiste.

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June 11, 2024 at 10:39AM

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